Letteratura francese del ‘900: Diario di una cameriera di Mirbeau

Ero in macchina con il mio compagno, qualche giorno fa, una sera di febbraio. Attraversavamo Milano per andare a cena da amici. Sbirciando le strade avvolte da una penombra insolitamente tiepida, mi è venuta in mente Célestine, protagonista di uno dei romanzi della letteratura francese del '900: Diario di una cameriera di Octave Mirbeau. Vedevo lo sforzo di biciclette cariche di cubici fagotti sul retro, spinte da giovani e meno giovani, con la faccia stanca, la giacca aperta, il berretto calcato a mezza fronte o i capelli scarmigliati sulle tempie o la rasata in ordine, fiduciosi nell'inverno clemente. I contenitori fissati ai portapacchi sono pieni di prodotti da consegnare, più in fretta possibile. La paga è bassa, tre euro a consegna, o giù di lì. Niente malattia né ferie pagate. Roba da “liberi professionisti”.

Allora mi è venuta in mente Célestine. Anche lei senz'altro era una “libera professionista”, come i "rider" di oggi: niente malattia, niente giorno libero, nessun diritto a essere chiamata con il suo nome. Le padrone sono sicure che “Mary” o “Marie” siano i nomi adatti a una domestica. Nel 1900 viene pubblicato il romanzo di Octave Mirbeau, Diario di una cameriera. In basso, sulla copertina dell’edizione Elliot del 2015, c’è il commento di Oreste Del Buono (1923 – 2002) che vede nella protagonista un tizzone di rivolta: «Torna la ribelle Célestine di Octave Mirbeau, nel libro […] diventato un improvviso successo di scandalo».

Letture di Carnevale: Diario di una cameriera di Octave Mirbeau

Una falsa ribelle degli albori della letteratura francese del '900

All'ultima pagina del testo, all'ultima riga del romanzo degli inizi della letteratura francese del '900, mi sono convinta che tutto si può dire di Célestine, fuorché che sia una ribelle. Mentre guardavo i cosiddetti “rider”, i fattorini 2.0, ancora non avevo chiuso la linea mobile e sfumata che nella mente fissa l’immagine di un personaggio. Non avevo finito di leggere il romanzo. Ma alla data che chiude il diario di Célestine – Marzo 1900 – e il manoscritto di Mirbeau, le curve e gli spigoli si sono accesi di una luce che ammicca al sole senza convinzione, un barlume da mezzi toni.

Da una parte la protagonista racconta la sua sincera passione sensuale, dall'altra stigmatizza la prepotenza dei borghesi su chi appartiene alla classe più svantaggiata. Ma fin dove arriva davvero la sua condanna? Quanto è profondo il suo disgusto? Célestine non avrebbe partecipato alla protesta dei nostri fattorini con lo smartphone. Mirbeau è impietoso con tutto un mondo, senza tratteggiare nette contrapposizioni, ma cogliendo la corrente osmotica che accomuna l’umanità in una irrimediabile miseria morale.

Maschera di Carnevale

Contesto: echi di un clima politico

I personaggi del Diario di una cameriera di Mirbeau sono entusiasti seguaci dell’antisemitismo e devoti servitori della patria e della religione. Célestine non fa eccezione, sebbene in realtà non gliene importi niente. A un tratto si domanda perché dovrebbe avercela con gli ebrei. Non sa darsi risposta, ma tanto vale condividere l’astio della maggioranza. In fondo i padroni ebrei non sono diversi dagli altri. E Célestine è tanto diversa dai padroni che mette in ridicolo? Un «bel delitto» la eccita tanto quanto un «magnifico maschio».

Antisemitismo e delitto

«È vero che se ci rifletto seriamente, non saprei dire perché sono contro gli ebrei, dato che ho servito anche da loro, quando lo si poteva ancora fare con dignità. In fondo, penso che, ebrei o cattolici, non c’è differenza … Sono anime viziose, brutte, cattivi caratteri, sia gli uni sia gli altri … Credete, sono tutti dello stesso stampo, e la differenza di religione non conta nulla. Forse gli ebrei scalpitano di più, si mettono più in mostra … forse fanno fruttare meglio il denaro che spendono? Nonostante ciò che si racconta del loro spirito amministrativo e della loro avarizia, posso garantire che non si sta male in quelle case, in cui c’è più abbondanza che nelle case cattoliche».

Octave Mirbeau, Diario di una cameriera, trad. it. di Luisa Moscardini, Elliot, 2015, p. 89.

«L’atto criminale ha qualcosa di violento, di solenne, di vendicatore, di religioso, che naturalmente mi spaventa ma che mi dà anche – non so come esprimermi – un senso di ammirazione. Non è, in realtà, ammirazione, dato che l’ammirazione è un sentimento morale, un’esaltazione spirituale, mentre quello che provo io non influenza e non esalta che la mia carne … È come una scossa brutale, in tutto il corpo, deliziosa e penosa insieme, una penetrazione dolorosa ed estatica del mio sesso … È un fatto stranissimo, senza dubbio singolare, forse anche orribile, e non posso spiegare la causa reale di simili sensazioni strane e violente, ma in me tutto ciò che è criminoso - specialmente l’assassinio – ha delle corrispondenze segrete con l’amore … Ecco, così appunto! Un bel delitto mi prende tutta come un magnifico maschio».

Ivi, pp. 267 – 268-

Octave Mirbeau: note biografiche

Octave Mirbeau nasce a Trévierès (Calvdos) il 16 febbraio 1848 e muore a Parigi il 15 febbraio 1917.  Dopo l’inizio della carriera nell'amministrazione dello Stato, la abbandona per dedicarsi al giornalismo. I suoi articoli si caratterizzano per le critiche alla società e il sostegno alle innovazioni. Sostiene con fervore la necessità di una revisione del processo Dreyfus di cui rimbalza l’eco nelle pagine del Diario di una cameriera.

«La sera dello sbarco di Dreyfus in Francia credetti che il piccolo caffè dovesse crollare sotto il fracasso e le grida di “Viva l’esercito!” e “Morte agli ebrei!”. Quella sera Joseph, che è ormai popolare in città, ebbe un successo senza precedenti.

In piedi su una sedia, gridava: “Se il traditore è colpevole che sia reimbarcato … E se è innocente, che sia fucilato …”.

E da tutte le parti un tumulto generale: “Sì, sì! Fucilato, fucilato! Viva l’esercito!”».

Ivi, p. 278.

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