Loschi figuri minacciosi, atmosfere avvolte dalla semioscurità, scricchiolii che fanno eco da un altro mondo: Aldo Carotenuto affronta il tema del fantastico nella letteratura, nell'arte e nel cinema.
Cosa dà piacere nella lettura di accadimenti insoliti e inspiegabili? Quale elemento inchioda lo sguardo nella contemplazione di un quadro di mostri e atmosfere sinistre? Perché vogliamo saltare sulla sedia davanti a un film horror? Aldo Carotenuto tenta di rispondere a queste domande nel suo saggio del 1997, Il fascino discreto dell’orrore. Psicologia dell’arte e della letteratura fantastica. La strumento principe della sua indagine è la psicoanalisi. Il cammino segue le tracce del sogno e della follia, che vengono individuati come “magma” originario della produzione creativa.
L’impostazione felice del testo ha le sue fondamenta nei racconti di fatti e rappresentazioni che delineano un percorso storico e umano, trasversale a tre modalità espressive, letteraria, pittorica e cinematografica. Carotenuto fotografa i paesaggi che si susseguono nella storia della letteratura, dell’arte e del cinema. Esplora la trama di una narrazione fantastica, i colori della pittura espressionista, segue i movimenti di macchina di un thriller a sfondo psicologico. Contrappone lo spazio esterno dei mostri, delle creature leggendarie, dei demoni rapitori, a quello interno dei desideri inaccettabili, delle pulsioni represse, dei volti nascosti, collegati l’uno all’altro da relazioni osmotiche e generative, di scambio centellinato di materiale psichico che dà forma e sostanza a paure e inganni.
Allo stesso modo segnano i loro confini labili la dimensione sospesa del sogno e quella sinistra della follia, uno manifestazione liberatoria che estrinseca istanze individuali o collettive, l’altra luogo interiore, oscuro, claustrofobico, a cui non servono spauracchi della fantasia per rappresentare l’angoscia del reale.
I fantasmi che l’individuo e la collettività celano alla consapevolezza divengono la scoperta, la rivelazione attesa dal fantastico e allo stesso tempo il motore che ne innesca la vitalità. Carotenuto li definisce “Ombra”, il rimosso relegato all’inconscio, rinnegato e condannato a nascondersi perché in contraddizione con il sistema di valori, giudizi e divieti in cui l’Io si identifica.
Citazioni
«Il fantastico […] offre anche la possibilità di entrare in contatto con le nuove / antiche immagini del nostro desiderio e della paura che ci spinge a nasconderlo. È questa la seduttività del testo fantastico, che “incatena” il lettore assorbito nella lettura: la promessa di uno svelamento di ciò che la paura cela e rivela al tempo stesso».
[Aldo Carotenuto, Il fascino discreto dell’orrore. Psicologia dell’arte e della letteratura fantastica, Bompiani, Milano, 2010, pp. 38 – 39]
«L’Ombra […] è una sedimentazione inconscia che si forma a partire da demonizzazioni e divieti nati sulla base di giudizi di valore cui l’Io si accorda. In questo senso è l’Io la matrice dell’Ombra».
[Ivi, pp. 76 -77]
«L’arte si lascia così sedurre da tutto ciò che come il sogno scardina le rassicuranti certezze della realtà diurna; ma i sogno non è l’unica minaccia al dominio della ragione: il fantastico prende forma ovunque la follia incrini il potere della ragione, sgretolando le certezze della coscienza. […] Sogno e follia sono le vie maestre attraverso le quali è possibile addentrarsi negli oscuri territori dell’anima».
[Ivi, pp. 195 – 196]
«Se in Alien il nemico viene dallo spazio, in molti film di Cronenberg follia, trasformazione fisica e vampirismo sono gli ingredienti principali di un terrore generato ora da misteriosi batteri come in Shivers (Il demone sotto la pelle) (1975), ora da strane pratiche terapeutiche, come la “psicoplasmica” del dottor Halgan che in Brood, la covata malefica porta alla materializzazione della rabbia in mostruose creature omicide. Il confine tra interno ed esterno appare in queste opere sempre più labile, sicché gli incubi personali diventano improvvisamente eventi reali. È questa del resto la lezione de Il gabinetto del dottor Caligari che il cinema dell’orrore ha profondamente assimilato».
[Ivi, p. 316]